Arte Indiana: Buddhismo e Stupa

Il VI secolo a.C. vide la nascita dei due maggiori maestri spirituali indiani: Buddha e Jina. Oggi parleremo del primo.

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Siddharta (“colui che ha raggiunto il suo scopo”) Gautama (patronimico derivante dalla dinastia dei Gotama), il futuro Buddha, era un principe la cui vita agiata e senza pensieri fu sconvolta dall’incontro con quattro personaggi: un vecchio, un malato, un morto e un asceta. I primi tre gli fecero comprendere, per la prima volta, quanto fragile e dolorosa fosse la vita umana.

L’asceta invece gli propose, con il suo atteggiamento sereno e distaccato, un antidoto alla tragica prospettiva del vivere. Abbandonati regno e famiglia, Siddharta partì alla ricerca del vero, una lunga peregrinazione che però non gli fornì quelle risposte esistenziali che stava cercando. La via della mortificazione corporale si rivelò inutile, non avendogli donato la conoscenza. Si dedicò quindi alla ricerca interiore. Ai piedi dell’ashvattha, la Ficus Religiosa che simboleggia l’albero celeste, si immerse in una profonda meditazione e affrontò il suo lato oscuro. Gli apparve infatti Mara (signore dell’ amore e della morte, pulsioni primarie), ma Siddharta rimase fermo nella sua ricerca della verità, e alla fine di quella lunga notte raggiunse l’illuminazione, diventando il Buddha, ossia, appunto, l’ “Illuminato”.

Coscientemente il maestro scelse di non entrare subito nel Nirvana, ossia lo stato di estinzione di ogni esistenza condizionata e dolorosa, al fine di indicare agli altri esseri umani la via dell’illuminzione. Per più di quarant’anni peregrinò attraverso i grandi regni dell’India settentrionale, predicando ciò che la sua esperienza gli aveva insegnato. Scelse la via di un’esistenza semplice, lontana dagli estremi del lassismo e della mortificazione. Molte furono le conversioni, sia tra la casta guerriera, che mal sopportava il potere arrogante dei Brahmani, sia tra i commercianti. L’uomo che decideva di dedicarsi all’ascesi non era più vincolato all’osservanza delle rigide norme di casta.

La comunità buddhista non aveva fissa dimora e non possedeva quasi nulla. Tutti i suoi membri erano distinti dalla veste color ocra costituita da un dhoti, ossia un drappo avvolto attorno alla vita, e da una sopravveste.

L’essenziale insegnamento del Buddha verte su quattro sante verità, i quattro pilastri della sua filosofia di vita:

– l’universalità del dolore in un mondo di impermanenza e materia.

– l’origine della sofferenza da bramosia e attaccamento

– la possibilità di estirpare questa sete insaziabile che lega alla vita

– l’Ottuplice Sentiero, come programma esistenziale che estingue il desiderio e conduce alla liberazione

Al doloroso mondo del senso si oppone il Nirvana, condizione in cui l’esistenza empirica si estingue, uno stato che solo il monaco raggiunge, dopo aver condotto una vita austera e distaccata. La comunità monastica è l’espressione fondamentale del Buddhismo, uno dei “Tre Gioielli”: il Buddha, il Dharma (la sua dottrina) e il Sangha (l’insieme di coloro che la seguono). Convinti che la salvezza fosse in realtà appannaggio di tutti gli esseri umani, dai monaci buddhisti venne successivamente elaborata la figura del Bodhisattva, “colui la cui essenza è la bodhi (l’illuminazione)”. Benchè Illuminato, il Bodhisattva rinuncia alla sua immediata liberazione per indicare al prossimo il cammino della salvezza.

Questi pochi essenziali tratti della filosofia buddista, sono funzionali alla nostra comprensione dell’espressione artistica da essa derivante.

La tradizione tramanda che quando il Buddha morì, e venne quindi cremato, le sue ceneri furono contese e spartite tra i regni circostanti. L’imperatore Ashoka (268-232 a.C.) le recuperò e le distribuì in ottantaquattromila nuovi edifici sacri: gli Stupa. Nati in India, gli stupa si diffusero in tutta l’Asia, di pari passo con il propagarsi del Buddhismo.

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Il significato letterale del termine stupa è cresta, sommità. Non si tratta solo di un reliquiario. Le sue forme infatti incarnano una simbologia cosmica. La struttura si compone di una serie di parti precise e la pianta è leggibile come un mandala (un diagramma sacro, strumento di meditazione). Essendo il Buddha il Grande Uomo Cosmico, che tutto include e da cui tutto procede, lo stupa è immagine del suo corpo e della sua Legge, il Dharma.

Il basamento, medhi, simboleggia la terra, ed è genericamente di forma quadrata. Al di sopra si innalza una calotta, simbolo della volta celeste, inizialmente semisferica, ma che successivamente assumerà varie forme, restando comunque una struttura chiusa.

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Proprio al suo interno è custodita l’urna con le ceneri dell’Illuminato o di altri monaci importanti, oggetti appartenuti loro o manoscritti. A differenza della tradizione cristiana quindi, le reliquie non sono da contemplare, ma simboleggiano un seme sacro da cui sboccia la vita stessa del mondo. Comunque sia lo stupa è una forma spiritualmente forte di per sé, quindi può anche non contenere nulla. Abbiamo infatti esempi di strutture monolitiche scolpite nella roccia. La calotta è attraversata da un palo che fuoriesce dall’alto (yashti), simbolo dell’asse cosmico, che si trova al centro del mondo e divide il cielo dalla terra.

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In cima si trova l’harmika (letteralmente “piccolo padiglione”) che negli stupa più antichi ha l’aspetto di una piccola cancellata quadrangolare, simile ai primi sacelli buddhisti (documentati da rilievi scolpiti) che proteggeva un albero, a ricordo di quello sotto il quale Buddha raggiunse l’Illuminazione. Quindi nello Stupa il palo rappresenta proprio questo albero sacro, pilastro del cosmo. Al suo culmine, una serie di parasoli (chattra), attributi caratteristici di un sovrano, nonché simboli dei mondi celesti.

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Questi antichi stupa erano circondati da vedika, cancellate di pietra dotate di portali monumentali, i torana.

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L’atto di devozione consiste nella circoambulazione (pradakshina) del luogo di culto, in senso orario, porgendo quindi la destra al monumento.

Uno dei maggiori centri buddhisti si trova a Sanchi, nel Madhya Pradesh, e consiste di tre stupa, in ottimo stato di conservazione e impreziositi da rilievi di alta qualità.

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Il maggiore è il più importante monumento dell’antico buddhismo indiano. Si ritiene che la sua fondazione risalga addirittura ad Ashoka (III secolo a.C.) e che contenga le reliquie del Buddha. Di particolare interesse i quattro splendidi torana, composti da due pilastri e tre architravi lievemente ricurvi, riccamente decorati con immagini di buon auspicio, che terminano all’esterno con volute; i capitelli che li raccordano sono composti da pregevoli sculture.

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Di splendida fattura le figure femminili abbracciate ad un albero all’estremità degli architravi.

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All’inizio Buddha non era mai raffigurato con sembianze umane, ma attraverso simboli come trono, albero, parasole o impronte dei piedi. Questo perché egli ha superato la corporeità, non è più di questo mondo.

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Gli altri due stupa riproducono il primo in scala minore, anche se il secondo è privo di torana. Il terzo invece è preceduto da un unico portale monumentale, e contiene le reliquie di due famosi discepoli dell’Illuminato: Sariputra e Maudgalyayana.

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Un altro importante centro religioso di nome Amaravati, nel sud dell’India, ha fornito i resti di un maestoso stupa. Era una grande struttura, molto sontuosa, il cui basamento tondo era coperto di lastre scolpite, mentre la cupola era rivestita di rilievi. La cancellata era molto elaborata e riccamente scolpita.

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Ogni singolo pilastro racconta gli episodi della leggenda buddhista. Rispetto a Sanchi, dove le raffigurazioni si ripetono senza un ordine preciso, qui c’è un controllo più serrato sulla decorazione, elegantissima e peculiare. Le scene sono estremamente affollate, i personaggi hanno corpi allungati e dinamici. Il profondo intaglio rende le composizioni molto vivaci.

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Ad Amaravati possiamo osservare la transizione tra la rappresentazione simbolica del Buddha e quella umana. Della questione aniconica e della successiva rappresentazione antropomorfa  del Buddha ne parleremo approfonditamente nella prossima puntata!!

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. elenaedorlando ha detto:

    Fantastico! Molto belle le foto ed estremamente interessante il testo. Grazie!

    1. musa inquietante ha detto:

      grazie a te per l’assidua presenza che impreziosisce questo blog!!!

  2. fulvialuna1 ha detto:

    Un post che parla di Buddha…da lui sei passata per la sua spiritualità, vita e hai completato il tutto con l’arte. Un post completo e accattivante che mi ha fatto conoscere cose che ignoravo quasi del tutto. Grazie.

    1. musa inquietante ha detto:

      grazie a te!!! sto lavorando sulla raffigurazione del Buddha, ti piacerà!!!! 😉

      1. fulvialuna1 ha detto:

        Aspetto, piena di curiosità. 🙂

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