Facciamo il punto: Romanticismo

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I.K. Ajvazovskij – Paesaggio Invernale

In questo blog parlo spesso di artisti ed opere romantiche, mi ci sono specializzata all’università! Forse però ho dato spesso per scontato il quadro storico culturale entro cui il Romanticismo trova la sua ragion d’essere. Partendo dal presupposto che probabilmente tutti hanno un’idea, che sia vaga o precisa, dei suoi caratteri peculiari, è comunque d’uopo parlarne in modo chiaro ed eloquente. E allora tentiamo di indagare brevemente le origini di questo movimento, che tanto amo… Nella seconda metà del Settecento una profonda trasformazione, concentrata in pochissimi decenni, investì il sistema artistico europeo, dando origine a tutta una serie di esperienze che si svilupperanno nel corso dell’età Romantica. Con la parola Romanticismo si era soliti indicare il momento umano in cui il sentimento prevale sulla ragione e in cui si arriva alla presa di coscienza della genesi emozionale dell’arte. I primi artisti noti come Romantici sono individuabili a Dresda, personaggi legati ai critici August Wilhelm e Friedrich Schlegel, a cui dobbiamo la prima definizione di poesia romantica: “poesia progressiva e universale”. Il termine si diffuse rapidamente in Germania, indicando coloro che credevano che il mondo moderno fosse incompatibile con l’antichità classica. Nello scegliere la parola “romantico” per intendere la libera espressione dell’immaginazione nelle arti, gli Schlegel avevano optato per un termine che era già usato per indicare gli estremi emotivi al di là della rappresentazione artistica. Infatti  il termine Romantico trae origine da un genere poetico preciso, ossia il romanzo cavalleresco medioevale.

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E.B. Leighton – L’investitura
La-Belle-Dame-Sans-Merci
J.W. Waterhouse – La bella dama senza pietà (dall’omonima ballata di John Keats, che ha ispirato la canzone di Branduardi che vi posto)

Tale termine era assurto ad indicare tutto ciò che era selvaggio e fantastico. In ambito artistico era quindi utilizzato per descrivere spettacoli che stimolavano l’immaginazione inducendo a fantasticare. Fu Madame de Stael che nel 1813 rese noto il termine in tutta Europa, attraverso la sua recensione della cultura tedesca contemporanea. Esiste uno stretto rapporto tra i mutamenti dei moti espressivi e dei significati e i due eventi storici decisivi che segnarono il passaggio tra Ancient Regime e nuova realtà borghese in espansione. L’accelerazione del progresso materiale che coinvolgeva l’Europa occidentale portò con sé il dubbio sulla validità dei costumi di questa società “civilizzata”. Jean Jacques Rousseau divenne portavoce del sentimento di ambiguità nei confronti del presente, e la sua opera “Contratto Sociale” -1762-  infiammò l’Europa con le sue visioni di una società primordiale liberata,  in cui tutte le condizioni restrittive, come la proprietà privata, erano sconosciute. Secondo lo scrittore francese l’accordo primitivo era stato distorto dagli uomini potenti, a loro vantaggio. La frase di apertura “l’uomo è nato libero, ma ovunque egli è in catene” divenne una pietra miliare della Rivoluzione Francese.

Fondamentale risulta anche il suo appello alle emozioni: la ragione umana, se non accompagnata da considerazioni provenienti dal cuore, è priva di sensibilità.  Ciò portò ad un maggiore interesse verso tematiche come la schiavitù nelle colonie britanniche e le condizioni disumane degli strati urbani più poveri. L’ammirazione per la ricchezza creata da imperialismo e industrializzazione, e il contemporaneo orrore per la sofferenza umana da essi prodotta, ebbero riflessi nell’arte. Da una parte le profetiche condanne di Blake…

William Blake Un negro appeso vivo alla forca per le costole
W. Blake – Un negro appeso vivo alla forca per le costole

…dall’altra terrore misto ad ammirazione riempivano il cuore e le opere di altri artisti. Tuttavia l’eredità dello scrittore francese fu duplice. Egli infatti credeva nella fondamentale bontà dei sentimenti innati. Al contrario i seguaci di Rousseau si interrogarono sulla loro vera essenza, e sull’eventuale presenza di un lato oscuro nella natura. Dovettero scegliere quindi se impegnarsi al fine della liberazione dell’ “uomo naturale” o inoltrarsi nell’esplorazione di tutti i sentimenti umani, non sapendo dove ciò li potesse condurre. Ed è proprio questo dualismo a caratterizzare la produzione artistica della seconda metà del Settecento, portando in alcuni casi ad un revival classico ottimista, in cui al primitivo rousseauiano si associava un concetto di bellezza ideale; in altri casi invece cresceva la curiosità per quegli aspetti dell’esperienza che non riguardavano il concetto di bellezza. Proprio in questo contesto l’introduzione di idee come “Sublime” e “Pittoresco” arricchirono il termine Romantico di nuovi significati. Altrettanto rivelatrici furono le reazioni degli artisti nei confronti della Rivoluzione Francese.

Jacques-Louis David  Il giuramento della Pallacorda
J.L. David – Il giuramento della Pallacorda
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E. Delacroix – La Libertà che guida il popolo

All’esplosione libertaria e democratica del 1789 si oppose dapprima il regime del Terrore, poi l’autoritarismo napoleonico e infine la Restaurazione del 1815, che pretendeva di cancellare con un colpo di spugna tutti gli eventi successivi a Luigi XVI.

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J.L.David – La morte di Marat

Ma gli ideali rivoluzionari non potevano essere rimossi, si radicarono così negli animi e trovarono espressione nei movimenti patriottici di Germania, Italia, Grecia ed Europa Orientale, ma anche in centinaia di rivolte locali che culminarono con i moti del 1830 e 1848. Comunque nessuno come Napoleone rivelò le ambivalenze politiche del Romanticismo.

Jacques-Louis_David incoronazione dell'imperatore Napoleone e dell'imperatrice Josephine a Notre Dame di Parigi
J.L. David – Incoronazione dell’imperatore Napoleone e dell’imperatrice Josephine a Notre Dame di Parigi

Il suo Impero fu il risultato delle forze liberatrici rivoluzionarie e contemporaneamente della loro caduta. Durante la sua ascesa molti artisti che avevano appoggiato gli ideali rivoluzionari (come Blake, Wordsworth e Beethoven) furono suoi fieri oppositori, mentre altri, come Antoine-Jean Gros, lo appoggiarono totalmente, dipingendolo come un uomo emotivo, sensibile alla sofferenza altrui.

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A.J. Gros – Bonaparte sul Ponte ad Arcole

Con la sconfitta infine, Napoleone divenne un grande eroe romantico, almeno fino al poco felice periodo del Secondo Impero. Fondamentale quanto la rivoluzione francese e quella industriale,  bisogna considerarne una terza , che riguarda soprattutto il lato antropologico e che porta al totale sovvertimento delle convinzioni precedenti: la rivoluzione psicologica. Definizione che risulta adatta se si legge questo nuovo atteggiamento, almeno all’origine, come un moto psicologico di rivolta appassionata alla concezione empirica e meccanicistica dominante nel XVIII secolo. Una sensazione di indefinito e quasi ossessionante mistero era intrisa nel rinnovato interesse per i problemi psicologici, per la natura dei sogni, dell’inconscio, così come per il genio, il mito e il linguaggio.

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Johann_Heinrich_Füssli_incubo

J. H. Füssli – Incubo (due versioni)

Francisco Goya’s “The sleep of reason brings forth monsters”
F. Goya – Il sonno della Ragione genera Mostri

Questo atteggiamento ha uno sviluppo autonomo e progressivo, che trae origine sin dalla prima metà del Settecento, nei turbamenti interni al pensiero Illuminista, e si diffonde durante il Romanticismo grazie ai “filosofi della natura”, come tendenza a concepire il mondo e l’uomo nella loro unità essenziale. Si procedeva inesorabilmente verso la distruzione dell’equilibrio fra certezze esteriori ed interiori, le stesse certezze su cui l’arte aveva posto le proprie basi e su cui era istituito il suo modo di rappresentare. L’interesse risultava dunque rovesciato verso l’interno dell’uomo, lo scopo divenne l’introspezione che conduce verso un luogo imprecisato, dentro di noi, da cui sgorga la più viva e autentica libertà creativa. La rivoluzione psicologica ha proprio nella creatività il suo canale privilegiato. Una vena ininterrotta che, seppur con vistose diramazioni, rivela una sostanziale unità perché costituita da un operare che ha le sue origini in un luogo profondamente interiore e sorgivo della coscienza, e si svolge sul sottile filo dell’ansia che trabocca in tensione viva e si abbandona in modo progressivo alle suggestioni del sogno o al processo autonomo dell’immaginazione, sottomettendosi all’inconscio e privilegiando la “visione” alla “vista”. Questa evoluzione artistica parte dalle rappresentazioni tardo settecentesche, fantastiche e visionarie, si snoda verso le complesse simbologie che affiorano nei “deliri” di Blake, si esprime con C. D. Friedrich e P. O. Runge attraverso un’ integrale interiorità romantica, giunge improvvisa come la sconvolgente spazialità Turneriana fino a movimenti novecenteschi come il Surrealismo.

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W. Blake – Nebuchadnezzar (nome di un Re Babilonese)

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C.D. Friedrich – Foschia mattutina sulle montagne
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J.M.W. Turner – Luce e Colore (teoria di Goethe)

La dilatazione dell’Io, se da un certo punto di vista rischiava di tramutarsi in spinto egocentrismo e in volontà di autodistruggersi, dall’altro realizzava uno dei primi doveri dell’uomo, ossia quello di conoscersi, di superare l’immagine che ci si era fatti di se stessi per rivivere con un nuovo significato il mito orfico della discesa negli Inferi, riportando nel reale contesto della vita umana i valori confinati nel mondo archetipico della magia, che li esprimeva in modo simbolico. Così come l’eroe greco torna dal difficile viaggio attraverso  gli Inferi con nuove consapevolezze su di  sé e sul mondo, così l’uomo romantico riemerge dal proprio Io dopo averne esplorato gli abissi più oscuri, conscio che la sua vita non sarà più la stessa, consapevole che l’affettività è un mezzo di comunicazione con gli altri ben superiore di quelli offerti dalla ragione. Si arriva in questo modo al riconoscimento del potere che possiede l’artista e del un nuovo rapporto tra fantasia e creazione artistica, ossia tra inconscio e coscienza. L’opera d’arte risulta dal rapporto dialettico tra intelletto e inconscio, di conseguenza non può mai dirsi finita, bensì mantiene quel dinamismo frutto dell’immaginazione creatrice. L’attenzione si sposta dall’oggettivo al soggettivo, nello stesso modo in cui l’antica mitologia classicheggiante ed esteriorizzata della natura, che non sorpassa il valore di allegoria, è sostituita da un rinnovato senso del mito che nasce nel più profondo e giunge alle soglie della coscienza, determinando una nuova realtà linguistica e simbolica.

Un aspetto innovativo caratterizzante le teorie sul bello sin dalla seconda metà del XVIII secolo infatti, in opposizione al rigido canone neoclassico, è la rivendicazione, da parte di artisti ed intellettuali, di una maggiore libertà espressiva. Hume ad esempio afferma che il critico può dettare le regole del gusto solo se riesce a liberarsi dai pregiudizi esterni che offuscano il suo giudizio e basarsi solo sulle sue qualità interiori. Si giunge in questo modo ad un soggettivismo estetico in base al quale la bellezza non risiede nelle cose ma nell’occhio dello spettatore libero da influenze esterne. Di conseguenza non esistendo un criterio di valutazione intrinseco alle cose, lo stesso prodotto può apparire bello o brutto a seconda della soggettività dell’osservatore. La bellezza esiste quindi solo nella mente di chi contempla l’oggetto, e qualcuno potrebbe trovare bellezza anche dove molti vedono il brutto. Nessuno dovrebbe pretendere di regolare il gusto altrui in base al proprio. L’estetica settecentesca dà ampia risonanza agli aspetti soggettivi e indeterminabili del gusto: Kant nella sua Critica del Giudizio afferma che il gusto è la capacità di giudicare disinteressatamente, senza essere riconducibile ad un concetto, mediante un piacere o un dispiacere. Nel giudicare qualcosa “bella” il soggetto pretende che ciò abbia un valore universale, ma poiché l’universalità del giudizio del gusto non richiede l’esistenza di un concetto di riferimento, l’universalità stessa diventa soggettiva. Si assiste quindi ad un farsi da parte della ragione a vantaggio della facoltà immaginativa, concetto che sarà sviluppato nell’arte ottocentesca, diventandone dominante. In particolare Kant legittima, accanto alla “bellezza aderente”, la “bellezza vaga”, presente nell’indefinibilità dell’astratto.

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C.D. Friedrich – Riva del mare nella nebbia

Il Romanticismo renderà questa la protagonista indiscussa della sua arte. Il contributo di Kant allo sviluppo dell’arte nel XIX secolo lo si deve soprattutto al concetto di Sublime, ossia la forza della natura illimitata, come le nuvole temporalesche, i vulcani o l’oceano, fenomeni che ci dimostrano la potenza infinita e incontrollabile dell’elemento naturale (anche se nel filosofo tedesco ha ancora fiducia nella positività della natura). Tuttavia, se la natura è questa forza infinita e incontrastata, e non più i giardini antropici precedenti, è difficile ricondurre il sentimento che provoca in noi ad armonie razionali. Quindi l’aspetto più oscuro della ragione stessa prende le mosse dalle conclusioni di Kant: l’indipendenza della ragione dalla natura e la necessità di aver fede nella sua bontà. La ragione umana ha la capacità di rendere concetto ogni oggetto conoscitivo, al fine di ridurlo in proprio dominio, o di rendersene indipendente. Ma ciò comporta la possibilità da parte dell’uomo di ridurre anche le persone ad oggetti manipolabili e sfruttabili, al fine di distruggerli. Esattamente ciò che dimostra Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, con le sue Relazioni Pericolose, in cui la bellezza colta e raffinata è solo una maschera che cela il lato oscuro dell’uomo ma soprattutto la sete di rivalsa della donna, che attraverso giochi perversi e malvagi si vendica di secoli di oppressione.

Questo uso spietato della ragione rivela che la Natura in sé non sia né buona né bella. Potrebbe quindi anche essere percepita come un mostro crudele (De Sade) o come una matrigna a cui non importa nulla dell’uomo (Leopardi). La settecentesca fiducia positivista nella natura e nella ragione si sgretola lasciando l’uomo in balia di se stesso e dell’inconoscibile. Fino al XVIII secolo la bellezza era sempre stata vista come qualità dell’oggetto che noi percepiamo come bello. Tuttavia nella seconda metà del secolo iniziano a diffondersi termini come “genio”, “gusto”, “immaginazione” e “sentimento”, spie della nuova idea del bello che va formandosi. Questi termini non si riferiscono all’oggetto, bensì alla sensibilità dell’artista (genio, immaginazione) e del fruitore (gusto). I diritti del soggetto entrano così nella definizione del bello. L’interesse si sposta dalle regole per riconoscere il bello agli effetti che esso crea (sentimento). Ed è così che da più parti si fa strada, nella filosofia prima e poi nell’arte, il concetto di Sublime. Il primo autore a parlare di Sublime risale all’epoca alessandrina, lo pseudo-Longino. Il suo trattatello circolava già nel corso del Seicento, tradotto in inglese e francese, ma solo durante il secolo successivo questo concetto desterà un vero interesse. Per lo pseudo-Longino il Sublime è l’espressione di nobili ed eroiche passioni, che comportano una partecipazione sentimentale sia del soggetto creatore che del fruitore dell’opera d’arte. Il Sublime anima entusiasticamente il discorso artistico e porta i fruitori in uno stato di estasi. Il Sublime è un effetto dell’arte (quindi non della natura) a cui si giunge attraverso il rispetto di regole precise e il cui scopo è procurare piacere.  Nel settecento però l’idea di Sublime si associa innanzitutto alla natura, in esperienze che privilegiano il doloroso e il tremendo. Precedentemente si era riconosciuta l’esistenza di cose piacevoli e belle e cose al contrario orribili e spaventose. L’arte si era aristotelicamente impegnata nella bella rappresentazione del brutto, al fine di destare nel fruitore pietà e terrore con l’intento catartico di purificare l’uomo da quelle passioni negative che non procuravano alcun piacere. Nessuno avrebbe mai pensato che qualcosa di minaccioso e indefinito, come un cielo plumbeo o un mare in tempesta, potesse essere considerato bello di per sé. I viaggiatori del Settecento però cercano ansiosamente nuovi luoghi e nuovi volti al fine di provare nuove emozioni. Si sviluppa perciò il gusto per l’esotico, il diverso, lo stupefacente. Il viaggiatore diviene esploratore alla ricerca di rupi impervie, abissi insondabili e distese sconfinate. Nel XVIII secolo quindi il piacere estetico si scinde in due categorie (non impermeabili): il Bello ed il Sublime, indagate con maggior precisione da Immanuel Kant. Nel 1790, il filosofo tedesco, muovendo da una contrapposizione tra estetica del bello ed estetica del sublime, torna su quest’ultimo concetto nella Critica del Giudizio, ampliandolo e distinguendo tra Sublime matematico (che nasce dalla contemplazione della natura immobile e fuori dal tempo) e Sublime dinamico (espressione della potenza annientatrice della natura, di fronte alla quale l’uomo prende coscienza del proprio limite). Al primo tipo appartengono ad esempio gli spazi a perdita d’occhio del deserto, dell’oceano e del cielo.

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I.K.Ajvazovskij – Il Golfo di Napoli al mattino

Di fronte ad un cielo stellato siamo portati a supporre che quello che vediamo vada ben al di là della nostra sensibilità e così immaginiamo più di ciò che si vede. La nostra ragione postula così un infinito che non possiamo cogliere con i sensi ma che neanche l’immaginazione può cogliere in una sola intuizione. Nasce in questo modo un piacere inquieto, un senso di smarrimento e di frustrazione, ma successivamente l’uomo riconosce grazie all’esperienza del sublime la propria superiorità: in quanto unico essere del creato capace di un agire morale, egli è collocato al di sopra della natura stessa e della sua grandiosità.

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I.K. Ajvazovskij – Notte al chiaro di luna sul Bosforo
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I.K. Ajvazovskij – Il Golfo di Napoli di notte al chiaro di luna. Vesuvio

Il Sublime dinamico comprende fenomeni spaventosi quali gli uragani, le tempeste o le grandi cascate. In questo caso il nostro animo non ha l’impressione di una infinita vastità, ma di un’infinita potenza. La contemplazione di tale spettacolo – nell’idea kantiana – umilia la nostra natura sensibile, inducendo la mente a prendere coscienza del proprio limite razionale e a riconoscere la possibilità di una dimensione sovrasensibile, da esperire sul piano puramente emotivo. È in questo senso che il concetto di Sublime ebbe un impatto decisivo sull’estetica romantica, che tuttavia tese per lo più a privilegiarne l’aspetto dinamico, spesso in chiave drammatica.

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J.M.W. Turner – Tempesta di neve, Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi
Ivan-Constantinovich-Aivazovsky-The-Shipwreck-7-
I.K.Ajvazovski – Naufragio

Giusto per chiudere il più Romanticamente possibile, vi lascio con un’altra mia passione… La sublime composizione di un Maestro dell’Ottocento: Giuseppe Verdi.

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. fulvialuna1 ha detto:

    Ecco che ancora una volta allarghi i miei orizzonti; il Romanticismo, visto nella complessità di come lo hai presentato è molto di più che pensarlo come il movimento che ha scalzato la ragione degli illuministi, è più complesso del sentimento che suscita guardando l’arte, nello specifico; certamente se si pensa a quanto ha influenzato non solo questa, ma anche la letteratura e tutta la cultura in generale, va giustamente approfondito.
    in un post precedente hai parlato e mostrato quadri di Friedrich, io in un suo quadro potrei riassumere tutta la forza di quesa corrente culturale: nel “Viandante sul mare di nebbia”.

    1. musa inquietante ha detto:

      Beh direi che la tua sensazione è più che esatta, spesso quel quadro è usato come paradigma del Romanticismo, e a ragione! Grazie per i tuoi commenti sempre profondi e interessanti, sono un valore aggiunto ai post!!

      1. fulvialuna1 ha detto:

        Grazie a te per queste parole, avevo omesso di dire che Paesaggio Invernale di Ajvazovskij è stupendo, non lo conoscevo, mi ha coinvolto.

      2. musa inquietante ha detto:

        Sono d’accordo con te é stupendo!!! 😀

  2. fulvialuna1 ha detto:

    C’è una nomination per te..passi da me?

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