Work oR Art..

Ieri sera, su Sky Arte stavano trasmettendo la prima puntata di un nuovo talent show chiamato Work of Art.

Questa la presentazione sulla pagina Facebook del canale televisivo: “14 aspiranti artisti con un unico obiettivo, una personale al Brooklyn Museum (e un premio di 100.000 dollari, nds). Questo è “Work of Art” il talent show dell’arte diventato un fenomeno della televisione americana, con i giudici China Chow, Simon de Pury della casa d’aste Phillips de Pury, il Premio Pulitzer e critico Jerry Saltz e il gallerista Bill Powers”.

Subito la mia curiosità e il mio spirito critico si sono messi in moto…

La prima perplessità che si è fatta largo nei miei pensieri riprende un argomento molto spinoso, ossia il rapporto tra arte e business. Chi può decidere se qualcosa sia arte o no, quale sia il migliore e il peggiore della settimana, chi eliminare e chi premiare? Ovviamente la risposta è: il vincitore sarà chi verrà giudicato realmente “vendibile” da questa giuria di esperti. Tanto è vero che uno dei giudici ha eliminato la prima concorrente adducendo come motivazione “nella mia galleria non riuscirei mai a vendere il suo quadro”. E ciò porta a riflessioni ataviche nel mondo dell’arte contemporanea: si vende perché è arte o è arte perché si vende? L’arte è influenzata dalla moda o viceversa, e chi decide cosa sia davvero arte? E’ il pubblico che decide, e il gallerista ne coglie gli umori e si adegua, o è il gallerista a creare un trend che influenza il pubblico? Comunque, questa prima perplessità sono riuscita a superarla pensando proprio al titolo del programma: WORK OF ART… Se vuoi che la tua arte diventi un lavoro, devi piacere a chi lavora nell’arte, e quindi a chi può credere in te e renderti “spendibile” in questo difficile universo. E, per quanto magari un po’ pragmatico per chi ha una visione romantica dell’arte (come me in primis), ci sta.

Il secondo problema invece, a mio parere, resta irrisolto, e riguarda le sfide. Come per tutti i talent, i partecipanti devono affrontare delle sfide, in base alle quali qualcuno sarà premiato e qualcun altro eliminato. Quella della prima puntata era accettabile: i concorrenti, divisi in coppie, dovevano ritrarsi a vicenda, ovviamente secondo il proprio stile artistico e la percezione che avevano dell’altro. I risultati sono stati più o meno interessanti e le conclusioni dei giudici, condivisibili o meno, avevano un senso.

Ma nella seconda puntata, a mio parere, la sfida non era per niente coerente. Tutti i concorrenti dovevano infatti creare una scultura che comprendesse un pezzo tecnologico, preso a scelta da un cimitero di elettrodomestici. Ma scusa, è possibile veicolare in un modo tanto invasivo l’estro artistico? E non mi riferisco semplicemente all’obbligo di utilizzare l’oggetto, ma alla costrizione di esprimersi attraverso la scultura. Se io sono un pittore come farò a diventare scultore in 24 ore, e soprattutto sarò in svantaggio rispetto a concorrenti più avvezzi a questo genere artistico. Finché si tratta di sfide concettuali, che diano un tema, un argomento, o anche un oggetto d’ispirazione, da tradurre nel proprio linguaggio (come la prima puntata), ci può anche stare. Ma come puoi costringermi ad esprimermi con mezzi non miei… I peggiori, guardacaso, sono stati  tre pittori, ed è stato eliminato un concorrente che, a mio modesto parere, NEL SUO CAMPO sembrava tra i migliori del programma (per quel poco che ho visto in due puntate). Costretto ad esprimersi in modo non suo, la sua opera è stata giudicata NON ARTE… Come, prima mi costringi ad utilizzare una tecnica che mi è totalmente estranea, e poi ti lamenti che non ti abbia trasmesso nulla? Diverso sarebbe stato se avessero detto qualcosa del tipo “prendete uno di questi oggetti e, in un modo o nell’altro, rendetelo protagonista della vostra opera”. Ognuno sarebbe stato se stesso e avrebbe rappresentato ciò che un determinato relitto tecnologico gli ispirava… Ma così che senso ha? L’arte diventa artigianato, la padronanza di più tecniche acquista maggiore importanza rispetto alla qualità individuale.

Ovviamente è un talent, e ci devono essere regole e sfide, ma, come nella prima puntata, i paletti dovevano essere solo teorici, idee che ognuno sviluppava secondo il proprio sentire. Sarebbe come prendere un professore italiano, uno cinese e uno spagnolo, tutti laureati in letterecon il massimo dei voti, ognuno però nel proprio Paese, e farli sfidare in una gara di grammatica… SPAGNOLA! Il madrelingua trionferà, l’italiano potrà azzeccarci qualcosa ma il cinese magari sarà totalmente ammutolito. Puoi, in base a questa sfida, decidere che il cinese non merita di essere professore di grammatica?…

E poi ho sorriso, pensando che magari anche un genio come Caravaggio sarebbe stato eliminato in una sfida del genere, reo di essere solo un pittore.. E ho immaginato la scena, la presentatrice che, guardando negli occhi Michelangelo Merisi, gli dice “mi dispiace, la tua non è arte”…

Queste le mie riflessioni, totalmente personali… Non che mi aspettassi chissà cosa da un talent, ma ero curiosa di capire come avrebbero impostato la cosa..

Non so se qualcuno l’ha visto, mi piacerebbe tanto leggere altre opinioni in merito!

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. lois ha detto:

    Ciao Musa, io non ho visto il reality, ma una cosa è certa, il primo punto è quello centrato; tutto ció che è business è acclarato come arte annullando tutte quelle che sono le vere componenti (emotive, estetiche, storiche..) dell’attività artistica. Oggi è il mercato che detta legge senza aver minimamente conto dei valori e della portata stessa dell’arte. Qualche giorno fa su di un altro blog commentavamo che oggi è più “semplice” acquistare un quadro di Lorenzo Lotto (da 100/120mila euro in asta) che un’opera di Koons o Hirst (che non si comprano a meno di 10/15milioni d’euro)! Per cui anche una trasmissione del genere rientra nel business core di un mondo impazzito che se solo si facesse incantare dall’arte, quella vera, forse sarebbe di gran lunga migliore.

    1. musa inquietante ha detto:

      Hai pienamente ragione… avevo salutato speranzosa la nascita di un canale come Sky Arte, dato che ormai questa parola sta sparendo dal vocabolario italiano (oltre che dalle scuole)… ma la programmazione lascia davvero parecchio a desiderare… peccato, si è persa un’occasione per avvicinare la gente a questo fantastico mondo, che invece si è ormai ridotto a business, e infatti gran parte della gente cheoggi lavora nel campo dell’arte, non ha nessuna preparazione in materia, anzi proviene da percorsi formativi e lavorativi prettamente economici e legati al marketing… ma suppongo che, essendo l’arte specchio della società che la crea, non dovremmo stupirci…

      1. alessandra ha detto:

        Cara musa inquietante, dovresti proporre un format, un programma tuo a Sky Arte, nel tuo stile. credo che potrebbe interessare!!! Prova!!!! anche se è difficile realizzarlo con le tecnologie di oggi, potrebbe anche andare a buon fine. Auguri!!!!

      2. musa inquietante ha detto:

        Sarebbe bello, mi piacerebbe diffondere l’arte, nel Paese poi che ha dato i natali a tanti geni immortali. Ma realisticamente mi accontento di tenere questo blog come passione personale, e tentare di avvicinare più gente possibile all’argomento, in modo semplice e magari stimolante!
        Grazie ancora, un abbraccio!

  2. elena ha detto:

    Non ho visto il programma (ho buttato il televisore 7 anni or sono e non ne sento ancora la mancanza) ma quello che scrivi non mi stupisce minimamente, 4 galleristi con 4 critici decidono che cosa è arte per gli USA e quindi anche per tutti gli altri. Sarà il tempo a fare giustizia intanto possiamo consolarci pensando che i poverini devono accontentarsi della loro arte contemporanea e guardare solo quella dalla mattina alla sera.

    1. musa inquietante ha detto:

      Galleristi che spesso non hanno nessuna preparazione storico-artistica, critici d’arte che spesso sono al soldo di questi galleristi, scrivendo critiche su commissione.. questo è per lo più il mondo dell’arte contemporanea. Io capisco che, essendo un’attività commerciale, si debba badare al profitto, non sono Alice nel Paese delle Meraviglie… però questo non esclude una dimensione qualitativa e, perché no, pedagogica che la galleria può assumere… educare il fruitore, il compratore, all’arte, dovrebbe andare di pari passo con la ricerca del profitto, perché se insegni alla gente il senso artistico, il valore intrinseco dell’opera d’arte, il percorso storico e tecnico che ci ha portato a certi risultati, migliorerà anche la qualità delle opere a cui i compratori saranno interessati.. se è vero che sono le gallerie a creare il trend, si impegnassero a valorizzare la vera arte, e non scegliessero sempre la via più semplice…

  3. marvan ha detto:

    Credo che il valore dei reality (ammesso che ci sia) non sia tanto assistere alle vicende dei protagonisti, che in fin dei conti recitano un ruolo di attore, quanto mettere alla prova le nostre reazioni: invidia, passione, emulazione, desiderio di esserci, di apparire.
    Se Caravaggio fosse stato eliminato, il nostro “orrore” ci avrebbe dato prova di quanto amiamo quel tipo di emozione, quanto ci differenziamo per cultura o sentimento da quei giudici. Trovare empatia ci gratifica (è il successo dei blog), il dissenso ci ferisce se non supera la soglia (bassissima) del disgusto, altrimenti zapping!

    1. musa inquietante ha detto:

      E’ una lettura davvero interessante della vicenda, e penso che tu abbia ragione.. ma proprio per questo ritengo che, in un mondo dove abbiamo un disperato bisogno di cultura, programmi del genere, che magari possono avvicinare all’arte persone che non se ne sono mai interessate, dovrebbero essere occasioni d’oro da sfruttare al meglio… la sfida della prima puntata ci poteva stare, era persino interessante vedere come ogni artista traducesse con il suo linguaggio la personalità di chi gli stava di fronte. Ma far passare l’idea che per essere un artista devi saper fare tutto mi sembra davvero controproducente… Come anche far passare l’idea che se non vendi non sei un artista… E comunque sia ZAPPING tutta la vita… è sempre meglio stare lontani da questo tipo di programma!!!! 😉

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