Enzo Miglietta: dare la Parola all’Arte rende la “Situazione Esplosiva”. (PARTE 1)

 “Uno sguardo vergine sulla realtà, ecco ciò ch’io chiamo Poesia”

E. SanguinetiImmagine

Baxandall nel corso dei suoi studi nota quanto sia frustante spiegare in termini linguistici l’oggetto artistico, che per definizione e natura si avvale di un sistema di segni del tutto estraneo al codice linguistico. Ma se, paradossalmente, l’oggetto artistico iniziasse a servirsi dei grafemi? È esattamente la situazione davanti a cui ci pone l’esperienza di Enzo Miglietta.

Il discorso delle mie tavole a prima vista è estetico, ossia prima il colore, il disegno, la forma; in fondo, scendendo all’interno, ci sono le relazioni, tra segni e parole, e le conclusioni anche, che io ci metto, ma qualcuno le leggerà mai, potrà leggerle? Lo scopo finale non è quello della lettura, ma del lampo che arriva a far luce su tutto, aiuta a trovare la chiave anche, per cui anche il titolo secondo me serve, basta a introdurre più o meno, e uno sa… è indirizzato su cosa sia da cercare…[1]

Ed è proprio dal titolo, ‘Situazione Esplosiva’, che è partito il mio approccio al quadro. Di primo acchito, a distanza, non è comprensibile la composizione grafica delle linee, e ci giunge un’immagine simile a quelle presenti in qualche libro di astronomia: su uno sfondo rosso cinabro cerchi dai contorni bianchii, di dimensioni diverse, diventano fulcri da cui si propagano linee rette e nere, che si intersecano fino a giungere ad un altro cerchio o ai margini del foglio. È il titolo ad indurci a vedere, in questa immagine geometrica apparentemente statica, tante esplosioni di entità differenti. Anche il colore di fondo contribuisce a vivacizzare e rafforzare la scena, così come il contrasto di linee bianche e nere, evidenziando come le scelte cromatiche, al pari delle forme e dei segni, siano fondamentali nel vocabolario espressivo dell’artista.

Osservando più attentamente, notiamo che due rette, quasi al centro del foglio, parallele fra loro, si distinguono per il tratto bianco, che le accomuna ai cerchi. Da ognuna di queste parte un segmento, dello stesso colore, che raggiunge l’estremo destro e sinistro del foglio. Quattro linee bianche che dividono il campo visivo in cinque parti. Quindi non semplici rette di colore diverso, ma vere e proprie dighe, spartiacque all’interno dell’opera. Il settore centrale sembra spiccare, perché l’unico cerchio bianco presente, proprio al centro, non è intersecato da nessuna retta. Ne è fonte, ma non ne viene attraversato. Una disposizione alquanto interessante, che si coglie solo dopo un’attenta osservazione, quando si abitua l’occhio al ‘groviglio ordinato’ di linee. La sezione centrale dell’opera, così come anche quella in alto a sinistra, si distinguono anche per un minore ‘affollamento’ di segni, a differenza, ad esempio, del settore in basso a sinistra, caoticamente sommerso da rette nere, in modo quasi ‘assordante’.

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Avvicinandoci di qualche passo al quadro, notiamo come ogni singola forma che avevamo battezzato come lineare, è invece costituita da segni alfabetici, sillabe o parole di quasi impossibile comprensione, ma i cui grafemi ci sono familiari. Ed eccoci al secondo livello di analisi.  Non siamo di fronte ad un quadro semplicemente figurativo, ma ad una struttura più complessa, diremmo ‘interdisciplinare’: un’opera verbo-visuale. E così la nostra curiosità ci spinge ad un livello ancora maggiore di conoscenza, ad avvicinarci ulteriormente al quadro fin quasi ad annullare la distanza tra noi e la parete su cui poggia: cosa ci sarà scritto? Perché questo titolo? Vogliamo saperne di più dell’autore, sentiamo di poterlo fare se solo capissimo la sua grafia minuscola e rapida. Ignoriamo se questa lettura così approfondita fosse nei piani di Miglietta, e su questo punto l’autore stesso sembra indeciso, quando in un primo momento afferma che “usare parole come tracce di segni per stendere il colore in certe forme è divertente per me e piacevole l’effetto. Non si può escludere che siano parole, ma ciò che mi colpisce è l’insieme a muro che si vede a colore e che si dice quadro. Che c’è dentro le parole? O non c’è? È proprio l’ultima cosa in queste scritture in forma di giochi inutili”[2]; ma, successivamente, l’autore riflette sul fatto che “noi viviamo giorno per giorno, momento per momento, colloquiando con le cose. Il colloquio può essere superficiale o profondo. La superficialità oggi ci sta affogando. Dobbiamo ritornare all’analisi, alla lettura dei particolari, e alla scrittura per particolari, perché noi, operando, leggiamo e scriviamo sul mondo e così comunichiamo.[3]

All’inizio, il nostro occhio percepisce poche sillabe, prima di tutto quelle che compongono le rette bianche: sono due parole a noi familiari… SITUAZIONE ESPLOSIVA! Una posizione di riguardo per il titolo, a sottolineare il tema su cui si fonda l’intera opera. Successivamente, i nostri occhi sono attirati dalle altre forme bianche: nel settore in alto a destra, il più ‘popoloso’ di cerchi (ben tredici!) ne cogliamo due, composti dal pronome IO, e uno dal pronome NOI, uno di lettere singole, alcuni incomprensibili e, nella parte più vicina alla parallela bianca, tre piccoli cerchi caratterizzati da due numeri, 1991 e 1939 (ipotizziamo siano date, ma riferite a cosa?), e una parola: RITORNO A NOI. Continuando a cercare leggiamo nel cerchio più grande dell’opera, in basso a destra, la parola URSS. Tutto comincia a farsi più chiaro… nel 1991, precisamente a Natale, Michail Gorbačëv rassegna le proprie dimissioni e il Soviet Supremo scioglie formalmente l’URSS, a conclusione di un anno che aveva visto varie Nazioni, tra cui Estonia, Lettonia, Bielorussia, dichiarare la propria indipendenza dall’Unione Sovietica. Possiamo così spiegare l’altra data: nel 1939, con il patto Molotov-Ribbentrop, la Germania Nazista e l’Urss si dividono l’Europa Orientale. A quest’ultima sono annesse, tra le altre, anche Lettonia ed Estonia. Quindi la frase RITORNO A NOI tra le due date, potrebbe riferirsi al riavvicinamento di queste Nazioni al “blocco occidentale”, alla nostra cultura. A riprova di quest’ipotesi, dal cerchio 1991 parte una retta composta dalla frase FUORI DALL’URSS, che termina sul segmento laterale SITUAZIONE ESPLOSIVA. Inoltre, dando uno sguardo generale al settore destro del quadro, notiamo che alcune rette nere sono composte proprio dalla frase ABBASSO L’URSS, sottolineata dall’uso del maiuscolo. In basso, all’estrema destra, tra il cerchio URSS e il margine del foglio, leggiamo anche una data precisa: 12/12/1991: il giorno in cui la Federazione Russa guadagna l’agognata indipendenza dall’URSS.

La nostra attenzione si sposta ora sul settore centrale, su quell’unico cerchio da cui si diramano segmenti composti da sillabe come LA’, TU. L’interno del cerchio ci risulta altrettanto incomprensibile ma la circonferenza è composta da una frase chiara e significativa: O MIA CARA DUBROVNIK. Nel Giugno del 1991, la Croazia dichiara la propria indipendenza dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Nell’ ottobre dello stesso anno, l’esercito di Slobodan Milošević invade l’area di Dubrovnik. L’assedio e il  bombardamento di tre mesi subito dalla città fu uno degli eventi che rivoltarono l’opinione pubblica internazionale contro la Serbia. Ecco perché questa posizione di rilievo, proprio fra le parallele SITUAZIONE ESPLOSIVA… A questo punto la nostra curiosità si volge al settore in alto a sinistra, caratterizzato dall’unico semicerchio dell’opera, di cui è chiara la composizione grafica e di cui adesso possiamo cogliere il senso: EST. Da questa parola partono a raggiera le rette più comprensibili dell’opera, che attraverseranno il foglio in tutta la sua lunghezza, come se fossero il suo scheletro:

UNA SOLA EUROPA EST/OVEST

W L’EUROPA FORTE W L’EUROPA UNITA W L’EUROPA A EST W L’EUROPA AD OVEST

EUROPA UNITA DAL NORD AL SUD

AIUTI DALL’EUROPA

DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI

RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

LIBERTA’ RELIGIOSA

LIBERTA’ DI COSCIENZA

UGUAGLIANZA DEI DIRITTI CIVILI

LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE

NON VI VOGLIAMO

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La lettura di altri messaggi all’interno dell’opera, come ABBASSO I DITTATORI, completa la comprensione del quadro. Molte frasi sono incomprensibili, come nel settore in basso a sinistra, altre sono scritte al contrario rispetto alla nostra visione del foglio, ma gli elementi che Miglietta voleva farci capire sono disponibili, ad un occhio più attento, e comprensibili solo se calati nell’attualità da cui l’opera trae ‘ispirazione’.

Plausibilmente, l’intento dell’autore non era solo politico, la denuncia e l’appello alla democrazia sono coscientemente criptati alla visione d’insieme da una grafia illeggibile. Piuttosto, la conformazione stessa delle forme, l’uso dei colori, suggeriscono che il titolo non si riferisca principalmente alla caduta dell’Unione Sovietica e ai conflitti dei Balcani, ma a ciò che queste notizie hanno provocato nell’autore, le sue sensazioni di fronte all’attualità, ad eventi tanto sconvolgenti nello scenario mondiale (Ricordiamo che nel gennaio 1991 inizia anche la guerra in Iraq). L’attenzione al sociale quindi non è una vera e propria crociata, o un concreto impegno politico, bensì assomiglia ad un modo dell’autore di sfogarsi, di esprimere il suo punto di vista sul mondo e su ciò che succede, un modo per liberarsi delle tensioni che l’attualità gli provoca. Il fatto stesso che i segni siano manoscritti implica che, a differenza di un libro di poesie stampato, questi esprimano direttamente le emozioni che la mente trasmette alla mano. Siamo di fronte all’espressione di uno sfogo personale, rispetto a qualcosa che ha scosso Miglietta. Le sue creazioni sono intrise del sociale, nella misura in cui il sociale, l’attualità, entrano di prepotenza nella vita dell’autore, lasciandolo di volta in volta sdegnato, perplesso, arrabbiato, comunque mai indifferente. Ciò che nella maggior parte di noi si traduce in un volersi confrontare verbalmente con parenti, amici, o anche conoscenti, in Miglietta si imprime su un foglio, su cui in un secondo momento il fruitore si fermerà a riflettere, creando una sorta di comunicazione indiretta ma continua nel tempo ed estesa nello spazio, che rappresenta la forma di dialogo e confronto prediletta dall’artista. Se è vero quel che affermava Hegel, che è solo grazie allo scambio dialettico con un’antitesi che la nostra tesi astratta si concretizza e si anima in sintesi, l’artista sceglie di confrontarsi con il mondo attraverso le sue opere.

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Ciò che l’autore sente in quel momento, le sensazioni che prova e di cui magari non è nemmeno completamente cosciente, sono espresse dal segno lasciato sul foglio. Questo bisogno di libertà, di esprimersi oltre i canoni classici, assume i toni dello Stream of Consciousness, nelle due o tre parole, o nelle frasi ripetute continuamente entro tutto il quadro e che l’artista sceglie d’istinto, anzi, che sgorgano dal suo pennino quasi senza pensare; ma il modo di esprimersi potrebbe sembrare ben lungi da libera rappresentazione dei pensieri così come compaiono nella mente, tanto cara a Joyce.

Come spiegare questo ossimoro emozioni/geometria, le prime improvvise, incontrollabili e la seconda che rientra invece nella scienza esatta, e segue regole precise. Per sciogliere questo nodo dobbiamo approfondire  la conoscenza dell’uomo Miglietta…


[1] ENZO MIGLIETTA Dalla Poesia Motoria 1971 Al Gesto Estetico della Scrittura 1995, Introduzione, pagg.9-10

[2] Ibid. La poesia è nella scrittura totale, pag.65

[3] Ibid. Il linguaggio delle pietre, pag.75

 

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. musainquietante ha detto:

    Chiedo scusa per le foto amatoriali, purtroppo l’esposizione dell’opera è pessima per il riflesso della luce sul vetro, e non ho potuto ovviamente spostare il quadro…

  2. elena ha detto:

    Le foto sono belle, anche se amatoriali, ma il testo è veramente serio ed approfondito. Grazie

    1. musa inquietante ha detto:

      grazie a te per l’attenzione concessa al mio post!!

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